Le sculture, di dimensioni inferiori al naturale, intagliate e dipinte con elevata intensità narrativa e minuzia naturalistica, raffigurano Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea e Maria Maddalena. Insieme alla figure della Vergine, Maria di Cleofa, Marta e San Giovanni Evangelista in contemplazione del Cristo morto nel sepolcro originariamente avrebbero dovuto comporre una monumentale Lamentazione di grande impatto scenografico destinata all’ornamentazione di una cappella ecclesiastica o di un prestigioso altare. In linea con una solida tradizione iconografica ampiamente diffusa tra Emilia e Lombardia tra la seconda metà del Quattrocento e i primi due decenni del secolo successivo, i personaggi avrebbero dovuto collocarsi in un’articolata composizione scenica, verosimilmente in una sorta di semicerchio, attorno alla figura del Cristo, come suggerisce la lavorazione tergale della Maddalena, disposta per una visione prettamente frontale, o quella particolare del Nicodemo e di Giuseppe d’Arimatea, pensati per una visione diagonale e in scorcio rispetto all’osservatore.
Sono forti i richiami alla più tipica tradizione scultorea lombarda in legno policromo rappresentata dalle botteghe dei fratelli Giovan Pietro e Giovan Ambrogio De Donati, da quella di Giacomo, Giovanni Angelo e Tiburzio del Maino e di Andrea da Saronno, chiamati numerose volte a confrontarsi con soggetti di tale carica emozionale come i Compianti.
I nostri tre Dolenti non sembrano però rispondere alle preziose, compassate composizioni dei De Donati, ne alle esuberanti, drammatiche Lamentazioni licenziate dai Del Maino e, parimenti, non sembrano trovare riscontri eloquenti nel campo della parallela produzione devozionale in marmo. Il legame con l’ambiente lombardo sembra potersi scorgere invece nelle capacità ritrattistiche, nell’accurata resa epidermica e nella ricchezza aneddotica degli abiti e dei personaggi, effigiati come nel caso di Giuseppe d’Arimatea secondo una moda e una fisionomia dell’estremo Oriente. Elementi che richiamano molto da vicino gli studi di Leonardo sulla fisiognomica e sui moti dell’animo umano, così come il gusto per il bizzarro e l’esotico che
contraddistinse la produzione del maestro fiorentino e l’attività dei suoi seguaci nel corso della sua attività milanese (1482-1499).
Inoltre le figure in esame sono intagliate con estro e sensibilità naturalistica, intensità emotiva ed una minuzia aneddotica che appare consona più alla mano di un esperto plasticatore in grado di sfruttare al massimo le proprietà mimetiche e la duttilità di una materiale come la terracotta, che ai modi di un magister a lignamine. Non a caso i nostri tre Dolenti trovano importanti e diretti elementi di confronto con alcuni personaggi dei Compianti fittili modellati tra il 1475 e i il 1485 dal celebre scultore modenese Guido Mazzoni per la chiesa di Santa Maria degli Angeli a Busseto, per quella di San Giovanni Battista a Modena e per la chiesa del Gesù a Ferrara (chiesa del Gesù). Se pur non improntante alla medesima intensità drammatica dei personaggi mazzoniani, le figure in esame presentano, analogamente a questi un acuto interesse per la resa epidermica dei volti, caratterizzati dall’asciutto e minuzioso naturalismo dei tratti fisionomici e dei segni rugosi, e per il realismo nella resa delle vesti morbidamente aderenti ai corpi, animate da sottili increspature e cinte alle vita da bizzarre fusciacche.
Elementi che permettono di assegnarne l’esecuzione ad un anonimo scultore specializzato nel campo della statuaria in legno policromo, attivo tra Emilia e Lombardia nel corso dell’ultimo quarto del Quattrocento, verosimilmente cresciuto in un contesto artistico dominato dalla bottega del Mazzoni ed in seguito aggiornatosi sulle più fresche correnti del naturalismo lombardo e dell’universo leonardesco.
Bibliografia di riferimento:
A. Lugli, Guido Mazzoni e la rinascita della Terracotta nel Quattrocento, Torino 1990.
R. Casciaro, La scultura lignea lombarda del Rinascimento, Milano 2000.
P. Venturoli, Studi sulla scultura lignea lombarda tra Quattro e Cinquecento, Torino 2005.